La nostra settimana a BALI

Alcuni viaggi restano nel cuore mentre altri nella testa. Prima di partire avrei giurato che Bali avrebbe fatto parte della prima categoria ed invece no. Ripenso molto spesso a questo viaggio perché sicuramente abbiamo sbagliato qualcosa. Le nostre aspettative erano altissime: chiunque parli di Bali è estasiato. È in assoluto una delle mete più gettonate degli ultimi anni e forse tra i viaggi di nozze più popolari. D’altra parte a Bali si trovano un perfetto mix di escursioni e relax, e questo non posso che confermarlo. Si tratta anche di una destinazione ancora abbastanza low cost. Ciò che invece non abbiamo saputo cogliere sono state quella spiritualità e quella semplicità del suo popolo che avevo tanto sentito decantare. Senza dubbio il nostro limite è stato che questo fosse il primo viaggio in un paese in via di sviluppo. Fino ad ora abbiamo visitato prevalentemente mete urbane tra Europa, Stati Uniti e Giappone dove i prezzi sono sempre chiari e definiti, ci sono reti di trasporto ben organizzate e ci si muove facilmente in totale libertà. Non eravamo preparati a dover contrattare per qualsiasi cosa (dal taxi che ci ha portato in hotel, al mercato di Ubud, e persino con le guide “gratuite” all’interno dei siti visitati che si mettono a contestare la mancia ricevuta). Probabilmente il nostro spirito di viaggiatori non è ancora ben collaudato e non ci aspettavamo questo modo di fare che comunque è semplicemente frutto di una cultura diversa dalla nostra … ma spesso ci siamo sentiti più “fregati” che accolti. Più che un popolo generoso ed ospitale come avevo sentito dire, mi è sembrato avido e ruffiano: è vero, chiunque ti apre la porta di casa propria o condivide con te aneddoti della sua cultura o la storia di un luogo, a patto però di ricevere qualcosa in cambio. La mia impressione è che il rapidissimo sviluppo economico che stanno vivendo in questi anni, e che ha portato quasi tutti a possedere improvvisamente un’auto e un iPhone, abbia cambiato drasticamente la loro sensibilità e i loro valori. Da diversi anni ormai, il turismo si è affiancato all’agricoltura come principale fonte di sostentamento per l’isola. Tuttavia, invece che approfittarne per prendersi cura della loro splendida terra, evitando di seminare sporco e immondizia ovunque, preferiscono “spremere” il ricco turista straniero.

Mi rendo conto di aver usato aggettivi particolarmente pesanti e me ne dispiaccio davvero, ecco perché non posso fare a meno di pensare di aver sbagliato qualcosa e di dover dare una seconda possibilità a questo posto e ai suoi abitanti. Naturalmente non faccio di tutta un’erba un fascio; senz’altro la colpa è anche della nostra “ignoranza” al di là del mondo occidentale da noi conosciuto; e probabilmente siamo anche stati un po’ sfortunati con la guida che ci ha accompagnato per tutto il viaggio e con alcune persone incontrate durante il nostro percorso.

Un’altra questione delicata di Bali riguarda proprio: come muoversi attraverso l’isola? Per il nostro modo di viaggiare e, col senno di poi, per come è andata a noi, ci saremmo trovati di gran lunga meglio se avessimo scelto di noleggiare un’auto o uno scooter e di girare in autonomia. Tra i due viene consigliato lo scooter perché purtroppo le poche strade dell’isola sono veramente trafficate ormai e in auto si perde veramente tanto tempo. In realtà, il consiglio più frequente è quello di affidarsi ad un driver (che molto spesso funge anche da guida) con la motivazione che la polizia locale tende spesso a fermare i turisti e a multarli ingiustificatamente per le più svariate ragioni. Dopo esser stata a Bali non stenterei a crederlo ma penso anche che si tratti di una voce messa volutamente in giro per dar da lavorare alla gente del luogo.

Concluse queste premesse per nulla motivanti, inizio finalmente a raccontarvi il nostro viaggio minuto per minuto. Vi assicuro che abbiamo visitato luoghi meravigliosi e sono sicura che se tornassimo adesso, consapevoli di ciò che ho appena preventivato, riusciremmo ad apprezzare tutto decisamente molto meglio.

13/09 Siamo arrivati all’aeroporto di Denpasar con un volo Garuda partito da Osaka. Devo infatti puntualizzare che Bali è stata la seconda tappa del nostro viaggio di nozze, dopo undici giorni favolosi trascorsi in Giappone. Sicuramente anche questo ha contribuito un po’ ad offuscare la nostra visione di Bali: un po’ per l’inevitabile stanchezza andata via via accumulandosi nei giorni e un po’ perché gran parte dell’entusiasmo ce lo siamo “bruciato” innamorandoci perdutamente del Giappone.
Altra piccola parentesi: Garuda è una compagnia aerea davvero ottima! Abbiamo viaggiato in economy ma è stato come essere in business. Sul volo ci hanno consegnato una piccola trousse con mascherina per gli occhi, tappi per le orecchie e calzini e devo dire che anche il pranzo è stato squisito, cosa piuttosto rara in aereo.

Su consiglio dell’agenzia di viaggio a cui ci siamo rivolti per la nostra “lista nozze” non avevamo prenotato alcun trasporto dall’aeroporto fino al nostro hotel. Ci avevano detto che non ci sarebbe convenuto farlo dall’Italia e che, all’uscita dall’aeroporto, non avremmo fatto fatica a trovare un tassista locale e contrattare il prezzo in loco. Diciamo che più o meno è andata così, nel senso che non avevamo ancora fatto in tempo ad uscire dall’aeroporto, che ci si è prontamente incollato un uomo offrendosi di accompagnarci a destinazione. Una volta capito dove dovevamo andare ci ha proposto 600.000 RP (l’equivalente di 40€ circa). Onestamente non avevamo la benché minima idea di quale potesse essere la cifra adeguata ma abbiamo immaginato che quella fosse esagerata. Abbiamo provato a scendere a 300.000 RP ma non c’è stato verso. Abbiamo cercato di andarcene ma ci ha seguito insistendo e dicendoci che non avremmo trovato nessuno ad un prezzo inferiore. Eravamo piuttosto stanchi per la levataccia ed il lungo viaggio e avevamo anche l’impressione che ci fosse un tacito accordo tra le decine di driver (sicuramente non erano tutti tassisti) lì fuori. Siamo riusciti a scendere a 500.000 RP e siamo partiti con lui. Successivamente abbiamo scoperto che il servizio navetta del nostro hotel chiedeva 450.000 RP, mentre 650.000 RP è la cifra che ci ha chiesto il nostro driver per accompagnarci 8 ore su e giù per l’isola. Diciamo che siamo stati dei perfetti polletti da spennare e che effettivamente il primo impatto di questo viaggio non sia stato dei migliori. Non è stato affatto piacevole né trattare con insistenza, né sentirsi quasi placcati, né tanto meno poi capire di esser stati comunque fregati.

Dopo aver impiegato quasi un’ora e mezza per fare poco più di 40 km, abbiamo finalmente raggiunto il nostro hotel: The Lokha Ubud Resort, Village & Spa. Programmando questo viaggio, la parte che da subito mi ha ispirato di più dell’isola è stata senz’altro Ubud, dove la splendida e tipica architettura Balinese si fonde con una natura selvaggia e incontaminata. Su una cosa non ho voluto transigere nella scelta del nostro hotel: doveva assolutamente avere una piscina con affaccio sulla foresta proprio come quelle che avevo visto nel corso delle mie ricerche in internet. È vero che si trattava della nostra luna di miele ma, anche nella prima parte del viaggio trascorsa in Giappone, noi alloggiamo sempre in strutture molto semplici e a prezzi più che accessibili. Non pensate quindi che un simile albergo ci sia costato chissà quanto: abbiamo soggiornato in una suite (d’altra parte non è contemplata altra tipologia di camera se non la villa) per circa un centinaio di euro a notte colazione inclusa. Per la stessa cifra, negli Stati Uniti o in Giappone, si alloggia in insulse camere di qualche catena alberghiera. D’altra parte, come dicevamo, si sa che Bali vive principalmente di turismo, è una tipica meta da viaggi di nozze e da sempre ha puntato ad un approccio basato sul coccolare i propri ospiti con massaggi, atmosfere rilassanti e ambientazioni romantiche proprio grazie ai suoi prezzi veramente accessibili. Pertanto non vi sarà affatto difficile scovare altre decine di strutture come questa.

Quando sono entrata finalmente nella nostra stanza mi sono rincuorata: era veramente la più bella in cui avessimo mai alloggiato, arredata in tipico stile Balinese, con una grande vasca sotto la finestra e un magnifico terrazzo con affaccio sulla foresta. Corrispondeva perfettamente alle immagini viste e alle nostre aspettative…se non fosse per un dettaglio affatto trascurabile che purtroppo in fotografia non si può notare. La camera era impregnata di un fortissimo odore di umido. So che può sembrare il contrario ma vi garantisco che non sono affatto una pittima, se vi dico che c’era un’odore terribile è perché era davvero insopportabile!! Se ancora non mi credete, vi dico solo che, una volta rientrati in patria, svuotando la valigia l’ho sentito ancora infestare tutte le cose che ci eravamo portati via, incluse quelle che non avevo mai tirato fuori perché le avevamo già usate in Giappone. Ad ogni modo, lì per lì non ci ho dato molto peso, avevo solo voglia di scendere a cenare e concludere questa lunga giornata interamente di viaggio. Ho pensato potesse dipendere dal fatto che la stanza fosse rimasta chiusa a lungo e che nel giro di 24h, lasciando aperte le finestre, sarebbe passato tutto, ma purtroppo non è andata così.

Essendo arrivati tardi, per questa prima sera non ci siamo spinti fino in centro ad Ubud ma abbiamo approfittato del ristorante dell’hotel. Al nostro arrivo ci avevano informato che era la serata del barbecue, con un enorme buffet illimitato accompagnato da un tipico spettacolo locale, il tutto per la modica cifra di 390.000 RP a testa. Essendoci il buffet non si poteva neanche ordinare sulla carta: o prendevamo il pacchetto completo o nulla. Avendo già rotto il ghiaccio nella sezione “soldi buttati” della giornata, ce la siamo messa via e ci siamo goduti l’atmosfera suggestiva dello spettacolo e del bellissimo ristorante situato su una piattaforma “galleggiante” attorniato da bellissime fontane.

14/09 Sempre su suggerimento della nostra agenzia di viaggi, non avevamo ancora contattato alcuna guida locale per iniziare ad esplorare l’isola. Per le stesse ragioni del taxi, ci era stato consigliato di cercare qualcuno in loco. Pertanto il nostro programma per la giornata era semplicemente quello di goderci l’atmosfera tanto bramata della nostra fantastica piscina e nel pomeriggio approfittare del servizio navetta gratuito del nostro hotel per raggiungere il centro di Ubud. La mattina siamo quindi scesi con calma per la colazione. Diciamo che l’odore di umido della nostra camera è passato in secondo piano quando ci siamo accorti che il buffet di frutta e dolci era pieno di formiche che camminavano indisturbate sopra il cibo! Sarebbe stato un buffet davvero abbondante ed invogliante…ma onestamente a quella vista mi è passata un po’ la fame. Ad ogni modo, come vi dicevo, non siamo particolarmente schifiltosi per cui, dopo aver controllato molto bene ciò che prendevamo, abbiamo comunque mangiato in abbondanza.
Purtroppo anche questo episodio discutibile ha contributo ad alimentare la piccola brace di questa nostra prima impressione piuttosto negativa.

Per fortuna la mattinata in piscina ci ha ricaricato di ottimismo: non c’era nessun altro all’infuori di noi e ce la siamo davvero goduta! Solo il rumore dell’acqua e il fruscio delle foglie mosse del vento. Il senso di pace è stato veramente impagabile. Ho approfittato di questo paio d’ore di tranquillità per leggere qualche blog in internet e reperire il contatto di una guida locale. Col senno di poi avrei dovuto farlo qualche settimana prima della partenza e approfittarne per accordarmi anche sul transfer dall’aeroporto all’hotel. La guida in questione si chiama Jabrick e il suo numero di telefono è +62 878 61994490. So che all’inizio vi ho scritto di non esserci trovati bene ma la colpa non è di Jabrick. Avendolo contattato all’ultimo ci ha detto di esser già impegnato per i successivi tre giorni ma che ci avrebbe mandato suo cugino. Così è stato ma di questo parlerò più avanti. Va riconosciuto a queste persone di avere davvero un forte senso della famiglia e degli amici, perché cercano sempre di aiutarsi molto tra loro.

Verso ora di pranzo ci siamo lavati e rivestiti e siamo scesi in reception dove la mattina avevamo prenotato il nostro posto sul bus navetta per il centro. Non che la sera prima in hotel avessimo cenato male (anche se non avevamo ancora notato l’ingrediente segreto delle formiche) ma il centro di Ubud è senz’altro il luogo ideale per mangiare. Ci sono veramente molti ristoranti di ogni genere e i prezzi sono decisamente più accessibili che in hotel.
Noi abbiamo pranzato al Coco Bistro, un locale tipico situato proprio sulla strada principale del centro, poco più avanti del bellissimo Saraswati Temple. Su consiglio del nostro famoso tassista del giorno precedente, abbiamo preso l’anatra, che è senz’altro una delle specialità dell’isola. Abbiamo speso 290.000 RP in due.

Una volta riempito lo stomaco siamo finalmente partiti all’esplorazione del centro di Ubud. L’architettura di Bali è veramente unica e spettacolare per cui ogni tanto vi troverete ad ammirare a bocca aperta cortili o edifici privati pensando che siano chissà quale monumento. Soprattutto considerato che questo era il nostro primo vero giorno a spasso per l’isola, vi confesso di aver scattato almeno un centinaio di fotografie di non so nemmeno io bene cosa!
Un luogo che vi consiglio senz’altro di cercare è il Saraswati Temple, che vi ho accennato anche prima. In realtà è impossibile non notare questo tempio in pieno centro cittadino, soprattutto grazie al suo suggestivo stagno di loto che lo porta ad esser conosciuto anche con il nome di Ubud Water Palace. Si tratta di un tempio indù dedicato alla dea delle arti e della saggezza, Saraswati appunto. L’accesso è libero e sempre possibile, ragion per cui vi consiglio di ammirarlo anche di sera se ne avrete occasione.
Continuando sulla strada Raya Ubud, poco più avanti troverete anche il Palazzo Reale, tuttora residenza del sovrano di Ubud. Anche in questo caso l’accesso al cortile del palazzo è libero e vale la pena concedersi una passeggiata ammirandone le statue e le sue splendide porte. Il palazzo è adiacente a due templi: il Puri Saren Agung e il Pura Marajan Agung. Mentre il primo è aperto al pubblico, il secondo è il tempio privato della famiglia reale.

A questo punto siamo tornati sulla strada principale e ci siamo avventurati sul versante opposto perdendoci tra le strade dove è allestito il quotidiano enorme mercato di Ubud. Questo mercato è veramente grandissimo e qui potrete trovare davvero ogni tipo di cosa! È senz’altro il posto ideale per l’acquisto di souvenir e regalini per i vostri famigliari ed amici. Come vi ho accennato nella premessa iniziale, dovrete contrattare fino allo sfinimento per tutto. Certo, si può sempre accettare il primo prezzo proposto ma quando gli stessi venditori che incontrerete dopo vi fermeranno per chiedervi quanto avete pagato quell’articolo e, a saperlo, quasi vi rideranno in faccia, vi accorgerete meglio di come funzionino le cose. Vi assicuro che il primo prezzo proposto è veramente molto alto, ci stanno quasi sempre almeno un paio di contrattazioni. Diversamente dal taxi del giorno precedente, è stato senz’altro più semplice perché non si tratta di niente di necessario e, all’occasione, siamo sempre stati liberi di andarcene senza concludere l’affare.
Ammirando l’atmosfera del mercato e acquistando oggetti qui e lì, il nostro pomeriggio è davvero volato. Abbiamo cenato velocemente e siamo stati ben attenti a non perdere la nostra navetta per l’hotel visto che non sono molte e che purtroppo l’ultima è solo alle 21.30.

Piccola curiosità utile: passeggiando per il centro di Ubud abbiamo trovato diversi operatori turistici che proponevano svariati tipi di escursioni, molte delle quali simili ai percorsi che avremmo fatto noi i giorni successivi. Si potevano prenotare tour di gruppo a un prezzo senza dubbio inferiore o tour privati, con possibilità di “contrattare” più che il prezzo l’itinerario, qualora ci fosse qualche tappa che vi interessa più di altre. Anche il costo dei tour privati era comunque pari, se non più economico, di quel che alla fine abbiamo pagato noi con Jabrick, con la differenza che, almeno teoricamente, gli accompagnatori non sono solo driver ma guide vere e proprie.

15/09 Fatta colazione, alle 10.00 ci siamo fatti trovare nella reception dell’hotel per incontrarci con il nostro driver. Come prima tappa ho scelto uno dei posti che più mi avevano ispirato programmando questo viaggio a Bali: Tegalalang Rice Field. Queste risaie sono sicuramente tra le più visitate dell’isola per la bellezza scenografica dei loro terrazzamenti verde lucente. Il luogo è ad accesso libero, anche se in qualche punto potreste incontrare il proprietario dell’appezzamento richiedervi un’offerta per proseguire attraverso il suo tratto. In una delle terrazze più alte sul versante strada, troverete una colorata altalena dalla quale dondolarvi a decine di metri d’altezza sopra le risaie. Noi ci siamo seduti per una foto di rito ma confesso di non aver avuto il coraggio di dondolarmici.

La nostra giovane guida di poche parole (non per scarsa conoscenza dell’inglese anzi, lo parlano tutti veramente bene) ci ha poi condotto attraverso le risaie anche in punti non proprio semplicissimi. Il terreno naturalmente è molto umido e scivoloso per cui il mio consiglio numero uno è quello di non indossare scarpe delicate: sono scivolata con un piede nelle risaie e vi lascio immaginare che gioia sia stata arrivare a fine giornata con le sneakers bianche tutte sporche e annacquate. Il secondo consiglio è di evitare di avventurarvi troppo per le risaie: la visuale più bella e suggestiva è quella che si può apprezzare dal versante strada per cui non è necessario addentrarsi sull’altro lato.

Dopo circa un’ora ci siamo spostati in un altro posto magnifico ed estremamente suggestivo, il vicino Tempio di Tirta Empul. La peculiarità di questo tempio indù è senz’altro la sua grande vasca di acqua sorgiva sacra dove anche i visitatori possono immergersi per purificarsi.

Piccola parentesi: l’ingresso a molti templi, incluso questo, è a pagamento. Nel momento in cui si acquista il biglietto viene consegnato al visitatore anche il sarong, una sorta di grande foulard da indossare come gonna in segno di rispetto del luogo sacro, proprio come nelle nostre chiese viene consegnato il foulard per coprire le spalle. Indossare il sarong non è obbligatorio se si indossano già pantaloni o gonne lunghe ma essendo estate noi ne abbiamo sempre usufruito. Può essere che per il suo “noleggio” venga richiesta un’offerta, altrimenti sappiate che è sempre ben gradita.
Per tutti coloro che desiderano immergersi nella fontana, viene consegnato anche un sarong diverso che nelle donne può essere indossato come pareo per coprire integralmente. Avremmo voluto immergerci anche noi ma, sarong a parte, non eravamo attrezzati e avremmo dovuto star fuori ancora tutto il resto della giornata. Se la cosa dovesse interessarvi, vi consiglio di portarvi dietro quanto meno biancheria intima di ricambio o di indossare un costume da bagno. E naturalmente un asciugamano. Ci sono degli appositi spogliatoi proprio di fronte alla sorgente.
Il biglietto d’ingresso al tempio costa 15.000 RP ovvero l’equivalente di 1€.

Se durante l’escursione alle risaie ci ha accompagnato, adesso la nostra guida ci ha lasciati liberi di visitare il luogo da soli. Per certi versi lo preferisco, avere qualcuno che ci conduce, o che ci segue, non mi fa sentire libera di prendermi il tempo che vorrei, anche se non essendo un viaggio organizzato, possiamo sempre decidere noi dove e quando andare, e quanto restare in un posto. Dall’altra parte, ingaggiare una guida piuttosto che un driver ha sicuramente dei vantaggi in più.

Durante le nostre giornate all’esplorazione dell’isola abbiamo invece sempre fatto molta fatica a pranzare. Purtroppo, specialmente ad Ubud, lungo la strada non si trova molto. Le nostre guide si sono sempre portate il pranzo al sacco, mentre per questa volta noi ci siamo comprati una banana a testa all’interno del tempio e abbiamo resistito così. A proposito di banane: abbiamo aspettato di uscire dal tempio per mangiarla e quando l’abbiamo finita, non essendoci cestini dell’immondizia nei paraggi, stavamo mettendo le bucce nel nostro zaino quando la nostra guida ci ha chiesto perplessi cosa stessimo facendo. A quel punto ci ha detto di darle a lui le bucce; ho pensato avesse un sacchetto in macchina invece le ha lanciate sul ciglio della strada dicendo che si fa così. Se non altro la banana è biodegradabile, il problema è che la stessa cosa viene fatta anche con bottigliette d’acqua, confezioni di merende, ecc ecc…

Dopo pranzo è sempre ora del caffè. Su suggerimento della nostra guida ci siamo quindi spostati al Bali Cat-poo-chino, una piantagione di caffè diventata principalmente un’attrazione turistica. Qui viene prodotto anche il tipico caffè di Bali, altresì il più caro al mondo. I suoi chicci sono letteralmente escrementi di un particolare animale, lo zibetto delle palme e il caffè si chiama Kopi Luwak. La piantagione è strutturata in maniera didattica: si vedono questi poveri animali tenuti in gabbia, si può assistere e anche provare la tostatura dei chicci di caffè ed infine si arriva ad una degustazione di 16 diversi tipi tra té e caffè. Non c’è un costo prestabilito per questa esperienza ma prima dell’uscita c’è il passaggio obbligato per il negozio ed è richiesto l’acquisto di almeno uno dei loro prodotti. Tutto sommato, è una trovata interessante. Peccato che, da caffeina dipendente quale sono, non sono riuscita ad apprezzare nessuno dei 16 gusti provati.

Bali Catpoochino

A conclusione della giornata siamo tornati in centro ad Ubud per l’ultima visita, quella alla Sacred Monkey Forest. Ad aver capito prima dove fosse situata, ossia a pochi passi dal Mercato di Ubud, avremmo tranquillamente potuto visitarla per conto nostro e sfruttare il driver per farci accompagnare in altri luoghi. Ad ogni modo il biglietto di ingresso costa 50.000 RP (poco più di 3€). All’ingresso della foresta vengono fatte molteplici raccomandazioni circa l’approccio alle scimmie, famose per essere dispettose ed imprevedibili. Non si dovrebbe consumare cibo all’interno del sito ed è consigliato non tenere in vista (sopratutto non incustoditi) occhiali da sole, cellulari, chiavi o portafogli, che altrimenti diventano un facile bottino! Ci sono diversi operatori che controllano il comportamento sia delle scimmie che dei turisti ed eventualmente guidano incontri ravvicinati. Oltre che per la presenza di centinaia di splendidi esemplari, la foresta è veramente suggestiva anche da un punto di vista naturalistico ed architettonico. Passeggiare al suo interno è stato come ritrovarsi in una scena de “Il libro della giungla”.

Questa volta la nostra guida è entrata con noi. Confesso di non aver capito se in qualche modo, con il fatto di esser accompagnatori, potessero entrare sempre gratuitamente all’interno dei siti. Sicuramente loro non han mai pagato il biglietto e nemmeno noi per loro. A questo punto però, poteva accompagnarci anche dentro al Pura Tirta Empul.

Terminata la visita, abbiamo salutato la nostra guida e ci siamo avventurati nuovamente per il centro di Ubud. Questa volta abbiamo cenato al Canderi Resturant, spendendo circa 200.000 RP in due, ed infine ci siamo diretti verso il museo Puri Lukisan dove fa capolinea la navetta dell’hotel per tornare indietro.

16/09 Anche per questo secondo giorno di esplorazione dell’isola avevo preparato un fitto programma di luoghi da visitare che mi erano rimasti particolarmente impressi durante le mie ricerche pre partenza. Mediamente il tempo di permanenza in ciascuno sito è al massimo di un paio d’ore. Potenzialmente si potrebbero vedere molti più luoghi in una sola giornata ma, come ho accennato all’inizio, la viabilità a Bali è piuttosto rallentata sia per carenza di strade che per eccesso di veicoli.

Come sempre ci siamo fatti trovare in reception dell’hotel alle 10.00 e come prima tappa ci siamo diretti alla Goa Gaja. Il biglietto di ingresso costa 15.000 RP e trattandosi di un luogo sacro, anche qui assieme al biglietto viene consegnato il sarong.
Si tratta di un bellissimo santuario, famoso per le sue suggestive vasche per i bagni sacri e naturalmente per il suo Tempio all’interno di una caverna. Esso è stata scavata nella roccia scolpendone l’entrata con le sembianze di un demone. Il risultato è veramente affascinante. La grotta è nota anche con il nome di Caverna dell’Elefante, così detta probabilmente perché vicino scorreva il Fiume Elefante. Il sito è stato riscoperto solo un centinaio di anni fa e studiandone l’architettura è stata rilevata una compresenza di elementi propri sia del buddhismo che dell’induismo.
Come sempre il tutto è situato all’interno di un’ampia area verde che offre altri scenari caratteristici è molto suggestivi.  Nel corso della nostra visita ci siamo imbattuti in un servizio fotografico con bellissime ragazze vestite dei loro abiti tradizionali.

Da qui ci siamo poi spostati a visitare il Palazzo di Klungkung, dove ha sede la più piccola reggenza indonesiana sull’isola di Bali. Esso è noto anche come Puri Agung Semarapura. Del palazzo originale, distrutto durante l’invasione olandese del 1908, sono rimasti solo la porta principale e il padiglione Kertha Gosa, dove aveva sede la corte di Giustizia. All’interno del complesso si trova anche il Bale Kembang, lo splendido padiglione galleggiante. Ad oggi i discendenti della dinastia vivono in una residenza ad ovest del vecchio palazzo.
Il biglietto per accedere al sito costa 12.000 RP. All’ingresso ci è poi stata affiancata una delle guide “volontarie”, alle quali è buona norma lasciare una mancia. Le guide parlano tutte inglese: la nostra ci ha illustrato minuziosamente ognuna delle raffigurazioni che decora il soffitto dei padiglioni del palazzo e ci ha raccontato la storia del regno e dell’edificio. In quanto adibito a tribunale, sul soffitto del Kertha Gosa le raffigurazioni rappresentano per la maggior parte i principali peccati e le conseguenti punizioni divine alle quali si andrà incontro. Le scene raffigurate sul soffitto del padiglione galleggiante riguardano invece i rituali e le tradizioni del popolo balinese.

Poco distante dall’ingresso del Klungkung Palace c’è un minimarket dove abbiamo prontamente comprato banana e gelato per tamponare la fame fino al nostro rientro ad Ubud.

A questo punto ci siamo fatti accompagnare al Tempio Madre di Besakih che, come il nome lascia intendere, è il più grande e più importate tempio indù dell’isola. Il luogo è veramente bellissimo ma è proprio qui che viviamo l’esperienza più amara del nostro viaggio. Non fraintendiamoci: non siamo stati rapinati, malmenati, maltrattati … Bali è un’isola bellissima e, per quel che riguarda la nostra esperienza, anche molto sicura. È un luogo meraviglioso che consiglio assolutamente di visitare. Tuttavia, come vi spiegavo all’inizio, partendo carichi di aspettative sulla spiritualità, l’ospitalità e la generosità del suo popolo, alcune cose ci hanno lasciato molto più amaro in bocca che a chi conosca già come funzionano le cose. Veniamo però al dunque: il nostro driver sostitutivo parcheggia l’auto nel piazzale fuori dal tempio, dove si trova anche un piccolo mercato. Ci ricorda che, come sempre, per accedere al luogo sacro è necessario indossare il sarong ma ci dice anche che qui, a differenza che negli altri templi visitati, non viene dato in dotazione con l’acquisto del biglietto e che quindi dovremmo comprarcene uno. Ci accompagna in un negozio preciso di quel mercato, da una signora che poi ipotizzeremo conoscesse molto bene o gli fosse addirittura parente. Il negozio era davvero bellissimo: ci saranno stati migliaia di drappi dai più svariati colori e fantasie. La signora sceglie per noi e inizia a vestirci: sarong, cintura e addirittura copricapo. Infine ci dice che il tutto viene a costare circa 50€. Le due sere al mercato di Ubud ci avevano insegnato a contrattare e così iniziamo a ribassare ma lei scende a 45€ al massimo, probabilmente sapeva che il nostro “amico” ci avesse detto che non c’era scelta per accedere al tempio. Come per l’episodio del tassista, la cosa che più mi ha infastidita di queste situazioni, è stato sentirmi costretta. Al mercato era diverso: se non ci andava bene il prezzo potevamo andarcene senza comprare nulla. In aeroporto invece sembravano tutti d’accordo a non farci andare via da lì mentre in questo caso, eravamo arrivati qui in fondo solo per perdere tempo e dover magari rinunciare a visitare il tempio!? Insistiamo quindi dicendole che cintura e copricapo non servono, così scende a 30€! Ci sembrava ancora un’esagerazione anche perché, i sarong erano davvero molto belli ma, quando mai li avremmo usati? Erano troppo rigidi e grandi per esser riutilizzati come foulard. Vi confesso che io avrei ceduto miseramente mentre mio marito stava già per andarsene. Morale della favola? 8€ in totale per l’acquisto di un solo sarong e il “noleggio” dell’altro per la durata della visita. Altra morale? Dopo aver perso almeno mezz’ora ed esserci innervositi inutilmente, arriviamo in biglietteria e vediamo che a chiunque, prima e dopo di noi, viene consegnato il sarong come in qualsiasi altro tempio dell’isola.

Sfortunatamente non è ancora tutto. Il biglietto di ingresso al tempio di Besakih costa 60.000 RP e, sulla carta, include tutti i servizi: sarong, trasporto in motorino fino alle porte del tempio (che si trova molto più in alto rispetto alla biglietteria) ed infine guida all’interno del sito, senza la quale non si potrebbe accedere a molte aree. Sebbene tutto ciò sia già stato formalmente pagato, avevamo capito che a Bali chiunque si aspetta ugualmente una mancia, così la lasciamo ai due ragazzini che ci hanno gentilmente accompagnato con il loro motorino fino alle porte del Besakih. Alla stessa maniera faremo con la nostra guida al termine della sua mezz’ora di compagnia e spiegazioni all’interno del tempio. Qui arriva il bello: le lasciamo 50.000 RP, poco più di 3€ e lui ci contesta che sono troppo pochi. Non voglio sembrare tirchia. Lì per lì ci siamo anche sentiti mortificati ma poi abbiamo pensato che:

  1. Il servizio era già pagato, e quello doveva essere solo un regalo,
  2. Molti lavoratori in Italia prendono, se va bene, 8€ lordi l’ora, con un costo della vita ben più alto che a Bali. 3€ netti per mezz’ora, in aggiunta ad un salario per quanto minimo, sono tutt’altro che pochi.

Diciamo pure che l’episodio del sarong ci aveva già indisposti parecchio. Non abbiamo avuto il coraggio di “accusare” il nostro driver di averci voluto fregare ma comunque la sensazione che fosse tutto premeditato ci è rimasta. Di conseguenza, a così poca distanza, anche questa contestazione non l’abbiamo proprio digerita. Ci sembrava sempre più chiaro che a Bali il turista fosse visto tutt’altro che come un ospite da accogliere nelle proprie case ma esclusivamente come un ricco pollo da spennare. È evidente quanto forte si sia radicato il pregiudizio che il turista sia necessariamente ricco e che 1€ per noi non abbia quasi alcun valore, ben consapevoli invece che loro con 1€ possono fare molte cose. In fondo è un ragionamento corretto ma per la stessa motivazione dovremmo dare 1€ anche ad ogni mendicante che troviamo nelle nostre città, per le strade a congelarsi in pieno inverno. E loro con 1€ potrebbero prendersi a mala pena un caffè per scaldarsi. Ho trovato davvero fastidiosa questa pretesa di aver diritto a qualcosa. Si dice “paese che vai usanza che trovi” e su questo sono pienamente d’accordo. Si sa che negli Stati Uniti la mancia in ristorante sia obbligatoria o che nei negozi al prezzo sul cartellino siano poi da aggiungere a parte le tasse, in percentuale diversa da stato a stato. Si sa anche che a Bali le persone abbiano meno possibilità di noi e che quello che a noi può sembrare una miseria per loro possa fare la differenza. Si sa che è gradita una mancia e la si dà volentieri, se questa viene accettata come un dono; se viene pretesa o contestata ingiustamente allora no.

Chiusa questa parentesi polemica, dettata principalmente (come ci tengo a sottolineare) dal fatto che avessimo sentito parlare solo dell’ospitalità e della spiritualità di queste persone, che invece sono semplicemente molto più umane e comuni di come ci fossero state dipinte, torniamo al nostro tempio.
Viene definito madre proprio a sottolineare l’importanza che gli viene data. È sicuramente il più caro alla popolazione indù balinese e viene considerato il più sacro di tutti. Ecco perché è il più utilizzato per le principali cerimonie induiste dell’isola. Più che un’unica struttura sacra, esso è in realtà un complesso di templi. La nostra guida ci ha spiegato che alcuni di questi sono di proprietà di famiglie benestanti ed infatti fanno parte di aree chiuse al pubblico.
Come sempre l’architettura balinese è strepitosa: è impossibile non restare affascinati dall’imponente scalinata che conduce fino alla porta del tempio. Il luogo continua a svilupparsi in altezza e una volta arrivati in cima è altrettanto suggestivo ammirare la distesa di tetti dei meru, le torri che riempiono la parte centrale del tempio.
Tutto sommato il posto si visita in un’ora circa.

Prima di rientrare, ci siamo spinti ancora un po’ più a nord dell’isola fino alla caldera del Vulcano Batur. A tal proposito, ci sono moltissime escursioni possibili da fare in questa zona. Non che avessimo mai preso in considerazione la cosa ma in quei giorni non sarebbe comunque stato possibile perché il vulcano stava eruttando. Abbiamo ammirato il monte Batur da un promontorio affacciato sull’omonimo lago. Osservare i vapori uscire dal cratere e pensare a quanta potenza si nasconda dietro a questi fenomeni naturali, è stata un’altra esperienza davvero suggestiva.

Anche questa volta abbiamo deciso di terminare la nostra terza giornata in centro ad Ubud.

Un’altra delle cose per cui Bali è famosa sono i massaggi. Quasi tutti gli hotel come il nostro hanno un’area spa e offrono diversi servizi di estetica e massaggio. I prezzi del centro di Ubud però sono sicuramente più competitivi. Avevamo già studiato la situazione durante le sere precedenti e, diversamente da quelli che troveremo poi a Kuta, i vari centri massaggio ci avevano ispirato fiducia. Abbiamo quindi deciso di toglierci questo sfizio almeno una volta e ci siamo concessi un classico massaggio balinese per 100.000 RP l’uno (poco meno di 7€). Dopo una giornata un po’ amara come questa, lasciarsi coccolare e godersi un po’ della tipica atmosfera da luna di miele balinese, era proprio quello di cui avevamo bisogno.

Soddisfatti e rilassati abbiamo iniziato a sentire il richiamo del cibo. Eravamo in viaggio da oltre due settimane ormai e confesso che, seppur la cucina giapponese ci avesse estasiato e quella indonesiana non fosse male, iniziavamo a sentire un po’ di nostalgia della nostra buona, cara e vecchia pizza. Solitamente all’estero preferiamo di gran lunga la cucina locale e, quando possiamo, evitiamo accuratamente anche le classiche catene di fast food. La maggior parte delle volte la cucina italiana all’estero è solo immeritatamente cara. Tuttavia, cercando su Tripadvisor, abbiamo letto le ottime recensioni di questa pizzeria a gestione italiana e abbiamo deciso di provare. Si chiama Ristorante Buonasera e posso garantirvi che non ci siamo affatto accorti della differenza con la pizza di casa. Assaggiare di nuovo mozzarella e prosciutto crudo poi, è stato quasi commuovente. Il tutto per 210.000 RP in totale quindi, nonostante il costo di importazione dei prodotti, quasi la metà che in Italia stessa. Se dovesse capitarvi, questo posto lo consigliamo di sicuro.

A questo punto ci siamo concessi la solita passeggiata serale per le vie del centro di Ubud in attesa del passaggio del nostro bus navetta.

17/09 Eccoci di già al nostro ultimo giorno di permanenza ad Ubud. Questa volta abbiamo deciso di rinunciare al nostro driver per concederci una giornata di tranquillità e sfruttare l’ultima occasione di goderci la tanto desiderata piscina immersa nella foresta.

Per la mattinata avevamo prenotato la passeggiata al villaggio organizzata dal nostro hotel. Ci siamo incontrati alle 9.00 con la nostra guida. Insieme ad un altro piccolo gruppo di turisti abbiamo passeggiato per il villaggio ammirando le risaie, ascoltando qualche aneddoto curioso relativo allo stile di vita dei balinesi e visitando un paio di case private, come sempre, più per il tentativo di convincerci ad acquistare qualche loro prodotto che per mostrarci realmente come sono fatte e come vive la gente del luogo. Nel complesso è stata una passeggiata piacevole ma niente che mi sentirei di consigliare particolarmente. Il tutto è costato 50.000 RP a testa. Al nostro rientro in hotel ci è stato offerto del buonissimo succo di cocco servito direttamente dentro la noce.

Sebbene per il check-out ci fosse tempo fino a mezzogiorno, abbiamo comunque preferito andare a chiudere le nostre valige per depositarle in reception e goderci qualche ora senza pensieri e senza interruzioni a bordo piscina.
Insetti sul buffet della colazione e odore di umido in camera a parte, ci tenevamo a lasciare questo posto con il più bel ricordo possibile. Abbiamo anche deciso di pranzare qui e, senza grigliata di benvenuto, siamo riusciti a spendere la ragionevole cifra di 350.000 RP in tutto.

Onestamente, vista la posizione del nostro hotel proprio all’inizio della famigerata Campuhan Ridge Walk, pensavo che la passeggiata organizzata in mattinata includesse anche questo percorso. Avendo poi visto che così non era stato, nel primo pomeriggio abbiamo deciso di intraprenderla per conto nostro, cosa che a prescindere vi consiglio assolutamente! La passeggiata si svolge lungo un sentiero di circa 3 km, è molto semplice e lineare e conduce fino al centro di Ubud. Posso dire che questo sia uno dei luoghi che ho amato di più: lungo la maggior parte del tragitto non si incontrano altro che pace e una natura quasi incontaminata, difficile da scorgere in altri punti dell’isola. È esattamente l’immagine di Bali che avevo idealizzato nella mia testa prima di partire. È una tappa turistica molto conosciuta tuttavia le persone si disperdono facilmente senza mai creare ressa, così in ogni punto si conserva sempre un’atmosfera davvero rilassante. Una volta arrivati in centro non ci siamo soffermati ma abbiamo subito fatto dietrofront. Rientrando ci siamo fermati in uno dei locali caratteristici che si incontrano nel tratto prossimo ai villaggi, dove ci siamo riposati un attimo e rinfrescati con un bel succo di frutta fresca.

A questo punto siamo tornati in hotel per ritirare i nostri bagagli e abbiamo finalmente conosciuto Jabrick che, come d’accordo, è venuto a prenderci per accompagnarci alla seconda e ultima tappa del nostro soggiorno a Bali: Kuta.

Lo immaginavo già prima di partire ma, anche col senno di poi, la parte che ho preferito dell’isola è stata senz’altro quella dei dintorni di Ubud. Il problema di Bali sono la scarsità di strade e il traffico molto lento che portano via veramente molto tempo. Ecco perché, per visitare meglio l’isola, conviene spostare almeno una volta la propria casa base. Su suggerimento della nostra agenzia di viaggi, noi abbiamo scelto di trascorre gli ultimi giorni nella parte sud dell’isola, dove si trovano alcune delle spiagge più rinomate. Di per sé Kuta non è per nulla accattivante, anzi. La scelta della posizione è stata dettata anche dalla comodità di essere in una zona ben servita e vicinissima all’aeroporto. Il costo del nostro trasferimento è stato di 400.000 RP, sempre piuttosto sproporzionato se paragonato a quello di un’intera giornata in giro per l’isola ma, come volevasi dimostrare, il prezzo che ci era stato proposto al nostro arrivo in aeroporto per lo stesso tragitto era davvero folle!!

Per queste ultime 3 notti abbiamo alloggiato al Vasanti Kuta Hotel, un hotel nuovo, pulito, senza odore di umido, con colazione al coperto al riparo da insetti ma dallo stile moderno, per cui assolutamente non caratteristico. Ad ogni modo, per il tempo che durante viaggi come questo si possa in hotel, va benissimo anche così.

Una volta lavati e sistemate le nostre cose in camera, siamo scesi all’esplorazione della zona e soprattutto alla ricerca di un posto per la cena. Volevamo raggiungere il centro città ma ci siamo resi conto che il nostro hotel era un po’ fuori zona e per raggiungere il centro a piedi ci volevano circa 30/40 minuti. Ad ogni modo tutto il tragitto è tappezzato di ristoranti e negozi tanto che, poco dopo, abbiamo trovato il Lippo Mall, uno dei centri commerciali più grandi dell’isola, tanto da essere addirittura inserito nelle guide turistiche. Di sicuro non vi consiglio di andarlo a cercare ma, se di passaggio, può tornare molto utile. Qui si trovano negozi di brand internazionali ma anche di souvenir tipici, diverse caffetterie e ristoranti, nonché un supermercato davvero fornito che ci è stato molto utile per imbastire il pranzo al sacco dell’indomani.
Noi abbiamo cenato qui, al Kukusan Steamed Buns, un posto sfizioso che serve taglieri di piccoli panini cotti al vapore con diversa scelta di ripieni. È un posto simpatico ma nulla di eccezionale. Abbiamo speso 170.000 RP in tutto.

18/09 Dopo aver fatto colazione ed esserci tenuti larghi coi tempi come sempre, alle 10.00 è arrivato Jabrick a prelevarci per cominciare questa seconda parte del nostro viaggio.

Anche questa volta l’itinerario della giornata era stato deciso da noi, tuttavia Jabrick si è sentito di consigliarci una tappa lungo la strada di cui non eravamo assolutamente a conoscenza: il parco Garuda Wisnu Kencana. Abbiamo capito l’importanza religiosa di questo posto, dedicato alla divinità induista Wisnu e al suo leggendario compagno di viaggio (l’uccello Garuda); le dimensioni stesse delle enormi statue ospitate (la statua di Wisnu è alta ben 23 metri) lasciano intendere chiaramente il valore simbolico che gli induisti hanno attribuito a questo luogo; tuttavia non ho mai visitato un posto più kitsch e brutto di questo. Si parla di parco ma la zona è principalmente asfaltata. L’area di competenza è vastissima e il progetto originario di costruzione è ancora in corso d’opera. Le uniche due cose da vedere sono appunto le due maestose statue di Wisnu e Garuda. Come ormai d’abitudine per questo viaggio, ci siamo subito messi in discussione per la nostra incapacità di saperlo apprezzare, specie visto l’entusiasmo col quale ce ne stava parlando Jabrick. Può essere che, una volta terminati i lavori, questo luogo acquisisca un suo perché, ma per adesso non lo consiglierei affatto. Oltretutto il biglietto di ingresso è tra i più cari di tutti, sebbene si parli sempre comunque di cifre ragionevoli: costa 100.000 RP a testa, poco meno di 7€ ma decisamente buttati.

Lasciato questo luogo bizzarro ci siamo finalmente diretti al nostro vero obiettivo: la spiaggia di Padang Padang.

Prima di proseguire col racconto, ci tengo però a fare una delle mie solite premesse. Come ho già anticipato, la parte a cui tenevo di più di questo viaggio era quella di Ubud e dintorni: vivere la pace e l’atmosfera della foresta “incontaminata”, esplorare templi e ammirare la splendida e caratteristica architettura balinese. È stata l’agenzia di viaggi a insistere che, almeno alla fine, ci ritagliassimo un po’ di tempo per oziare in spiaggia, visti i quasi 20 giorni no-stop tra Giappone e Ubud. Ad essere onesti, la mia filosofia è che per stare sotto l’ombrellone non serva andare lontano. Le vacanze in resort, per quanto il mare/oceano possa esser splendido, non fanno per me. L’idea era appropriata, solo che non lo rifarei. Come ho già anticipato, noi abbiamo scelto di spostarci a sud dell’isola anche per la praticità di visitare gli ultimi due templi ma, dal punto di vista spiaggia, vi assicuro che non c’è assolutamente niente di più che nelle nostre, tranne la possibilità di fare surf. Si parla già meglio di quelle sul versante est ma la verità è che, se si vuol fare vita da mare, bisogna spostarsi a Lombok o alle isole Gili dove, oltre al surf, si possono fare anche molte altre attività tra cui immersioni, snorkeling, … Trattandosi per noi della seconda parte di un lungo viaggio, non ci è stato possibile inserire un ulteriore trasferimento, altrimenti ne sarebbe sicuramente valsa la pena.

Ad ogni modo, Padang Padang Beach è una delle spiagge più rinomate a sud dell’isola. Per accedervi si pagano 10.000 RP a testa. Viste le dimensioni raccolte, non è attrezzata con ombrelloni e lettini ma ognuno deve ritagliarsi il proprio spazio sulla sabbia. Ci sono invece sia i bagni che un bar dai prezzi parecchio pompati.
Le scogliere trattengono un po’ le onde, qui infatti abbiamo trovato l’acqua più calda e tranquilla che in altre spiagge (ma forse dipendeva anche dall’orario e, di conseguenza, dalle maree). La spiaggia è carina: la sabbia è chiara rendendo l’acqua piuttosto limpida … ma dopo un bel gelato per pranzo, un’ora e mezza di sole e un bel bagno, avevamo fatto tutto ciò che c’era da fare.

Da qui, in meno di 10 minuti, abbiamo raggiunto il Tempio di Uluwatu, uno dei più suggestivi di tutti grazie alla sua posizione a picco sul mare. Una volta acquistato il biglietto d’ingresso, che costa 30.000 RP, si sale al tempio attraverso una scalinata che costeggia la scogliera. Le insenature della roccia e la vegetazione del luogo offrono decine di scorci e prospettive davvero belle. Anche qui si possono incontrare diverse scimmie girare in libertà e valgono le stesse regole della Monkey Forest: non toccare né dare da mangiare agli animali e fare attenzione ai propri averi. Si parla di tempio ma in realtà l’edificio sacro vero e proprio è solo una piccolissima parte del luogo e non è accessibile al pubblico. Il sito merita dal punto di vista paesaggistico ma, in tutta onestà, ci aspettavamo qualcosa di meglio.

Sicuramente godendoci il tramonto da qui (come viene infatti consigliato) avremmo conservato un ricordo migliore di Uluwatu, tuttavia era ancora presto e avevamo in mente un altro luogo da cui ammirare la discesa del sole. Ci siamo infatti spostati nuovamente verso la spiaggia e, questa volta, abbiamo scelto Single Fin Beach.

Come prima cosa abbiamo approfittato del bar sopra la spiaggia per integrare il nostro misero pranzo con un club sandwich e patatine. Diciamo pure che il panorama da quassù, in cima alla scogliera, è paragonabile a quello di cui abbiamo goduto al tempio di Uluwatu. Al tramonto infatti questo locale è affollatissimo di gioventù che viene a godersi lo spettacolo tra cocktail e musica.
Una volta riempito lo stomaco ci siamo avventurati lungo lo stretto e ripido sentiero che conduce alla spiaggia. Qui non c’è ingresso da pagare e, una volta scesi, non c’è neanche alcun tipo servizio (toilette, ombrelloni, lettini …). D’altra parte, oltre ad essere di scomodo accesso per trasportare tutto ogni volta, abbiamo poi notato come, verso sera, la marea mangi completamente la spiaggia, già di per sé piuttosto ridotta. Noi siamo scesi verso le 16.00 circa, abbiamo lasciato i nostri teli nella piccola area che si trova appena giù dalla scalinata, e ci siamo avventurati tra gli scogli alla scoperta di diverse prospettive. Siamo tornati circa quaranta minuti dopo e abbiamo ritrovato i nostri asciugamani solo perché qualche anima pia li aveva spostati più indietro, altrimenti la marea li avrebbe portati via con sé. Abbiamo comunque deciso di aspettare qui il calar del sole. Questa volta ci siamo avventurati tra gli scogli del lato opposto e abbiamo atteso ancora un po’ che il sole iniziasse la sua discesa tingendo il cielo di rosso e offrendoci luci e colori che ricorderemo sempre. Fortunatamente siamo tornati indietro giusto in tempo per non doverlo fare a nuoto, e ci siamo fatti riaccompagnare da Jabrick fino al nostro hotel.

Dopo una doverosa doccia, era ormai già piuttosto tardi, pertanto abbiamo deciso di restare in zona e abbiamo cenato da El Toroun ristorante brasiliano vicino al nostro hotel.

19/08 Anche questa mattina abbiamo puntato ad una delle spiagge più popolari del sud dell’isola: Canggu Beach. Dico volutamente popolari e non belle, perché onestamente non l’ho trovata affatto diversa dalla spiaggia di Jesolo! Bali è senz’altro una meta amata dai giovani e questo fa sì che le spiagge rappresentino un punto fermo per la movida dell’isola. L’oceano inoltre si presta benissimo per gli amanti del surf ma, come vi dicevo, non è che spiagge e mare abbiano qualcosa di indimenticabile!
Canggu Beach, a differenza di quelle del giorno precedente, è molto ampia e ben attrezzata con ombrelloni e lettini. Avendo in programma di restare qui tutta la mattina, abbiamo deciso di usufruirne. Ecco, se vogliamo fare un paragone con le spiagge del nordest italiano, sicuramente i servizi sono molto più economici. Non potendo pagare l’affitto per la sola mattina abbiamo pagato l’intera giornata, per un totale di 100.000 RP in tutto (quasi un terzo che da noi in alta stagione). Una cosa insolita è che la spiaggia, come un po’ tutta l’isola, è abitata da diversi cani randagi. Non l’avevo ancora detto ma ce n’erano parecchi in libertà anche per le strade di Ubud. Non li abbiamo mai trovati potenzialmente pericolosi, certo che sono quasi tutti di taglia medio-grande e se qualcuno avesse già di per sé soggezione, potrebbe trovarsi a disagio. Ad ogni modo, uno di questi ci ha scelto come compagni di abbronzatura, e si è subito trasferito sotto il nostro ombrellone. 

Su consiglio di Jabrick, ad ora di pranzo abbiamo usufruito del Finns Club, un club esclusivo che si affaccia proprio su Canggu Beach. L’accesso alla piscina è riservato ai soci ma il bar/ristorante è aperto a tutti. Abbiamo pranzato vista oceano, con due succhi di frutta fresca, un’insalatona ed un piatto unico a base di riso e uova, per un totale di 380.000 RP.

Trascorrere qui la mattinata è stata una scelta strategica per avvicinarci al nostro obiettivo reale: il Tempio di Tanah Lot, a circa mezz’ora di auto.
Un po’ come Uluwatu, anche 
Tanah Lot si trova all’interno di un’ampia area naturale e l’accesso all’interno della struttura sacra vera e propria non è consentito. Si parla tanto di Tanah Lot ma, in realtà, all’interno del sito si trovano due templi: Tanah Lot e Batu Bolong, entrambi situati sulla cima di formazioni rocciose. Il biglietto di ingresso costa 60.000 RP a testa e, a differenza che in tutti gli altri templi visitati finora, qui non è stato obbligatorio indossare il sarong.
Come dicevo, l’accesso ai templi veri e propri non è consentito ma, diversamente da Uluwatu, la loro architettura, e soprattutto la loro posizione, li porta ad essere veramente scenografici. A dire il vero, Batu Bolong è anche più impressionante di Tanah Lot, in quanto situato all’estremità di un ponte naturale con la terraferma. Ci siamo avvicinati quanto più possibile ad entrambi e, aspettando il calar del sole, siamo anche scesi alla piccola spiaggia dietro Batu Bolong.
Per goderci lo spettacolo del tramonto abbiamo preferito risalire e ammirare dall’alto il sole nascondersi dietro la roccia e tingere di rosso il tempio e l’acqua circostante. 

È giunto il momento di farci riaccompagnare in hotel e questa volta di congedare definitivamente la nostra guida. A differenza di suo cugino, Jabrick è sempre stato molto disponibile e propositivo. Ci ha raccontato molte cose, ci ha accompagnato all’interno di tutti i luoghi che abbiamo visitato ma ci ha anche sempre lasciato i nostri spazi e la nostra intimità, cosa, a mio avviso, davvero fondamentale. In tutti i nostri viaggi siamo sempre stati abituati ad arrangiarci in autonomia, senza dover mai render conto a nessuno di orari, spostamenti ed altro …  Non è stato facile abituarsi a viaggiare con qualcun altro, sebbene a nostra completa disposizione. Se dovessimo rifare questo viaggio, lo ricontatteremo volentieri. Questa volta però con largo anticipo, così da esser sicura di non incappare in sostituti. 

Questa volta abbiamo deciso di spingerci a piedi fino al centro di Kuta per passare la serata. Dal nostro hotel è bastato procedere sempre dritti per circa mezz’ora lungo questa strada piena di locali e negozi. Prima però, ci siamo fermati circa a metà per cenare al Warung Damar, dove abbiamo gustato degli ottimi spiedini di carne spendendo 230.000 RP in totale.
Terminata la cena abbiamo proseguito fino al mio reale obiettivo: l’Hard Rock Cafè di Bali, la cui maglietta non poteva assolutamente mancare alla mia collezione. Diversamente da quel che si può immaginare, non c’era molta gente a passeggio per la città o forse, vista la vastità del centro, le persone erano sparse in giro. Come avevo immaginato, il centro di Kuta non è affatto paragonabile al raccolto e folkloristico centro di Ubud. 

20/08 Purtroppo ci siamo: è arrivato il giorno della partenza, anche se in tarda serata.
L’ansia da partenza ci ha portato comunque a prendercela comoda e a non allontanarci troppo. Una volta chiusi e depositati i bagagli in reception, abbiamo deciso di trascorrere la mattina alla piscina sul tetto del nostro hotel. Anche in questo caso, niente di spettacolare e niente che sia paragonabile all’atmosfera del Lokha Ubud ma un momento di relax che, a fine vacanza e prima di un viaggio di rientro lungo quasi 24h, può starci. Ne abbiamo approfitattato per pranzare presto con un club sandwich e un buon succo di frutta fresca servito direttamente dal bar della piscina.

Nel primo pomeriggio ci siamo invece avventurati nuovamente per il centro di Kuta che, di giorno, siamo riusciti ad apprezzare già un pò di più. Una volta arrivati al cuore della città, i grandi edifici in stile metropolitano iniziano a diminuire a favore di una realtà più tipica. Siamo andati alla ricerca del piccolo e caratteristico centro postale per imbucare le nostre cartoline (si, siamo all’antica!), ci siamo gustati l’ultimo cocktail di frutta fresca (li abbiamo adorati, si era intuito?) ed infine abbiamo ammirato l’ultimo indimenticabile tramonto sul mare da Kuta Beach.

Kuta Beach

Tornando verso l’hotel, abbiamo violato la nostra regola di mangiare sempre tipico ed evitare quanto più possibile le grandi catene, e ci siamo fermati lungo la solita strada a cenare al Bubba Gump.

Ed eccoci qui, bagagli alla mano, tanta malinconia e al tempo stesso tanta nostalgia di casa, pronti per raggiungere l’aeroporto e terminare questo meraviglioso viaggio di nozze. Dal nostro hotel in linea d’aria sarebbe stato davvero un attimo anche a piedi, se non fosse che in mezzo si trova un enorme loop stradale impossibile da attraversare. La sera prima, anche Jabrick si era raccomandato molto di non accettare passaggi dai moltissimi autisti improvvisati che si offrono lungo la strada (ma questo noi lo avevamo già imparato il primo giorno) e di farci chiamare dal nostro hotel un taxi di una compagnia autorizzata. Così abbiamo fatto: 5 minuti e 50.000 RP dopo eravamo in aeroporto.

THE END

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